Dopo il padre della psicanalisi Sigmund Freud, anche CARL GUSTAV JUNG visitò Ravenna nel 1913, e poi ancora vi tornò vent’anni dopo, nel 1933. Ne rimase, oltre che grandemente affascinato, anche profondamente turbato, tanto che, nei suoi scritti e riflessioni, descriverà pienamente il potere delle immagini e la forza della suggestione ricevuta al cospetto dei capolavori dell’arte del mosaico.
Complice lo splendore delle decorazioni del Battistero Neoniano, la luce, il colore, la forza e l’infinito, Carl Gustav Jung racconterà anche di aver vissuto “uno degli avvenimenti più strani” della sua vita.
Nel volume Ricordi, sogni e riflessioni (pubblicato in Italia nel 1965), Jung scrive “già in occasione della mia prima visita a Ravenna, nel 1913, la tomba di Galla Placidia mi era parsa significativa e di un fascino eccezionale. La seconda volta, venti anni dopo, ebbi la stessa impressione. Ancora una volta, visitandola, mi sentii in uno strano stato d’animo; di nuovo, ne fui profondamente turbato”.
Quando poi, con la sua assistente visitò il Battistero Neoniano, raccontò che lo aveva colpito per prima cosa la tenue luce azzurrina diffusa: “Non cercai di capire da dove provenisse, né mi turbava il prodigio di questa luce senza alcuna sorgente apparente. Ero piuttosto sorpreso perché al posto delle finestre che ricordavo di aver visto nella mia prima visita, vi erano ora quattro grandi mosaici di incredibile bellezza, e che, a quanto pareva, avevo completamente dimenticati”.
“Dopo la mia toccante esperienza nel battistero di Ravenna, so con certezza che un fatto interno può apparire esterno, e viceversa. Le mura stesse del battistero, che i miei occhi fisici necessariamente vedevano erano coperte e trasformate da una visione che era altrettanto reale dell’immutato fonte battesimale.
Che cosa era veramente reale in quel momento?”.
(C.G. Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, Il Saggiatore 1965)
Jung lega entrambi gli episodi al potere evocativo dei mosaici (addirittura rispetto alle intenzioni originali dei costruttori), che per questo lo avevano colpito così fortemente nell’immaginazione.
Tornato in patria, la sorpresa e lo sgomento di Jung sono però enormi quando, alla ricerca d’immagini fotografiche che potessero documentare la scena di questo interessante archetipo, scoprì che il mosaico rappresentava in realtà il battesimo di Gesù Cristo nel Giordano. Jung e la sua assistente, dunque, l’avevano soltanto percepito.
In quell’attimo, secondo lo psicanalista, la visione non differì minimamente dalla realtà.