Ogni città ha ombre che si riflettono sulle pieghe della sua storia, vicende che seppur di lieve entità hanno rappresentato momenti cruciali nelle vicende umane della società.
Come nelle migliori pagine di un romanzo noir, anche Ravenna non è esente da tutto ciò. Città di imperatori, anti-papi, briganti, nobili, anarchici, guerrieri e martiri, l’ex capitale bizantina è stata segnata nel corso del tempo da alcuni fatti di sangue e misteri che rivelano interessanti storie da conoscere, di delitti, vendette e abili raggiri.
Apollinare, il martirio del primo vescovo
Il patrono di Ravenna è Sant’Apollinare, ritenuto il fondatore della Chiesa di Ravenna. Pare che Apollinare predicasse con successo e avesse convertito molti pagani della città, attirando le ire dei pagani romani. Gli venne intimato di sacrificare agli antichi dei, ma egli rifiutò e per questo venne percosso, quasi a morte.
Affidato a una vedova, si riebbe dopo alcuni mesi e riprese la propria missione di evangelizzazione. Battuto nuovamente ed esiliato, non lasciò mai la città poiché una tempesta impedì alla sua nave di allontanarsi dalle coste. Di nuovo minacciato, Apollinare rifiutò ancora il culto pagano, venne nuovamente battuto e infine morì per le ferite riportate. Sebbene la datazione di tali eventi sia incerta (23 luglio 74 d.C. o la fine del II secolo d.C.).
Stilicone, il generale decapitato
Alla morte dell’Imperatore Teodosio (395 d.C.), spetta al figlio Onorio l’Impero Romano d’Oriente con capitale Ravenna. Il suo tutore, affidatogli dallo stesso padre, è Stilicone, un generale di comprovata lealtà. Ma la presenza del comandante è invisa ai maggiorenti romani, che temono la forza delle sue truppe barbariche: chi può controllare i barbari, domani potrebbe aizzarli contro l’impero e proclamarsi, egli stesso, imperatore.
L’occasione si presenta durante una sollevazione delle truppe ausiliarie. Stilicone tenta di mediare la rivolta, ma Olimpio lo accusa di essere stato lui stesso l’istigatore della protesta.
Stilicone fugge nella cattedrale, invocando asilo, ma una volta catturato viene condannato per tradimento e decapitato dalle guardie di Olimpio, probabilmente nella piazza antistante l’attuale Duomo di Ravenna.
Odoacre e Teodorico
Una vicenda degna di Shakespeare è quella di Teodorico e Odoacre sul finire del V secolo d.C. Il primo è il re degli Ostrogoti, formatosi alla corte bizantina, che sta guadagnando sempre più potere nell’Europa orientale.
L’imperatore di Bisanzio, Zenone, di cui è formalmente alleato, preoccupato dalla sua ascesa, decide di inviarlo a Ravenna per contrastare Odoacre, Re illegittimo d’Italia da circa quindici anni, per aver deposto l’ultimo imperatore d’occidente, il giovane Romolo Augusto. Dopo tre anni di assedio Ravenna si arrende, e grazie all’intervento del vescovo Giovanni i due sovrani stabiliscono di spartirsi il regno a metà. Invitato a banchetto da Teodorico presso il palazzo imperiale del Laureto (che sorgeva in corrispondenza dell’attuale via di Roma nei pressi di via Alberoni), Odoacre si presenta in pace.
Ma il re goto lo attende a palazzo per assassinarlo di propria mano.
Era il 5 marzo 494.
Da Polenta, delitti tra le mura
Protagonista di questo avvenimento è Ostasio I Da Polenta. Egli è cugino di Guido Novello, colui che ospiterà in città Dante Alighieri durante il suo esilio e capo-clan dei Da Polenta. Guido è un notevole anfitrione, ma si rivela un capo di poca tenuta e, mentre è a Bologna, Ostasio ne usurpa il ruolo, facendo uccidere l’arcivescovo Rinaldo, suo cugino e fratello di Guido Novello. Guido si trova pertanto esule a Bologna, in mancanza di alleati non può rientrare a Ravenna e teme per la propria vita.
Ma Ostasio non è soddisfatto e architetta un altro piano crudele. Favorisce il rientro a Cervia di un fuoriuscito, affinché alimenti una rivolta. Durante i tumulti lo zio Bannino e il cugino Guido, reggenti della cittadina, riparano a Cervia. Ostasio li attende per ucciderli e prende il controllo anche del territorio cervese.
Il figlio di Ostasio farà morire in prigione i fratelli Pandolfo e Lamberto. Stessa sorte toccherà a suo figlio Guido l’Ultimo, a opera dei suoi figli uno dei quali, Obizzo, sarà responsabile della cessione della signoria di Ravenna ai Veneziani, a metà del XV secolo.
Guidarello Guidarelli, la morte e poi un bacio
Nato nella Ravenna veneziana da famiglia fiorentina, il primogenito dei Guidarelli è uomo condottiero del Sacro Romano Impero, dunque a favore del Papa, tra le fila di Cesare Borgia.
Combatte anche per la Serenissima e rimarrà sempre legato a Venezia, probabilmente anche come informatore.
Questa doppia veste non piacerà a Cesare Borgia il quale, durante uno dei suoi balli in maschera lo farà assassinare. Una ricostruzione più accurata, alla luce di alcuni documenti esaminati attorno agli anni ’30, propone invece la morte avvenuta per le ferite riportate durante una disputa armata, nata dalla mancata riconsegna di una veste prestata per una festa. Quello che è certo è che Guidarello, in fin di vita, ebbe modo di lasciare istruzioni affinché il suo corpo venisse tumulato a Ravenna, dove ancora oggi riposa sotto la sua celeberrima immagine.
La strage dei francesi
Gastone di Foix è nipote del re di Francia e comandante dell’esercito francese, impegnato in Italia nel 1512 al fianco degli Este, contro il Papa, i veneziani e gli spagnoli.
Nella battaglia di Ravenna ha la meglio sugli spagnoli che sono costretti a ritirarsi, anche senza disfatta.
A Gastone, però, questa vittoria va stretta. Si lancia all’inseguimento del nemico, cercando di colpirlo alle spalle. Circondato da un drappello di cavalleggeri presso il fiume Ronco, viene isolato e colpito a morte. Nei pressi del luogo dell’agguato ancora oggi resiste un cippo monumento che ricorda la sua morte e quella di molti altri soldati, forse ventimila, macabri protagonisti di una vera strage.
A quel punto i francesi eluderanno la tregua e i patti di resa, irrompendo in città per saccheggiarla. Ventiquattro guasconi, rei di aver violato un convento di suore, saranno impiccati alla cancellata dal famoso generale Jacques de La Palice.
Stefano Pelloni, detto Il Passatore
Di Stefano Pelloni, detto Il Passatore, e delle sue gesta ha cantato, con una discreta dose di romanticismo e magnanimità, persino Giovanni Pascoli. Ma il brigante di Romagna, seppur a volte capace di gesti galanti e generosi, di cortese aveva ben poco. Con la sua banda si è macchiato di numerosi omicidi, sanguinose rapine, smembramenti ed esecuzioni.
Sarà per questo che dopo che venne braccato e ucciso nel marzo del 1851, la sua salma fu esposta nelle piazze della Romagna, come monito e trofeo.
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