Il nome della giovane DORA MARKUS forse non sarebbe ricordato da nessuno se non fosse per l’omonima poesia di Eugenio Montale che l’ha reso immortale.
I cittadini di Ravenna avranno sentito nominare sicuramente questo nome perché a lei è dedicata una piazza centrale nella località costiera di Marina di Ravenna.
Ma non sono in molti a sapere che questa intitolazione è in realtà legata al celebre componimento di Montale, tra i più noti della letteratura italiana contemporanea.
Il delicatissimo ritratto che il poeta fa della giovane è infatti intrecciato a qualche istantanea di Ravenna e del suo porto. Versi, amari e dolcissimi insieme, che hanno regalato uno degli omaggi poetici più belli di questa città.
Ma chi era Dora Markus?
Dora Markus era una ragazza austriaca di origini ebraiche che Montale non ebbe mai modo di conoscere.
Il poeta seppe di lei solo grazie al ritratto che ne fece l’amico in comune Bobi Bazlen, critico letterario e scrittore.
Fu lui a inviargli la famosa foto delle “gambe meravigliose” di una signora (erano veramente quelle di Dora?) in cui erano si mostravano gli arti inferiori di una giovane donna con scarpette chiare a mezzo tacco e cinturino.
Il biglietto (datato 25 settembre 1928), che invitava il poeta a comporre una poesia su di lei, riportava: «Gerti e Carlo: bene. A Trieste, loro ospite, un’ami-ca di Gerti, con delle gambe meravigliose. Falle una poesia. Si chiama Dora Markus».
Il componimento, inserito nella prima sezione de Le Occasioni, nasce dall’unione di due parti distinte, scritte a molti anni di distanza l’una dall’altra.
La prima parte risale infatti al 1928, o al 1926, mentre la seconda è del 1939, nell’imminenza dello scoppio del Secondo Conflitto Mondiale e della persecuzione nazista.
La prima parte, scritta in versi liberi in cui sono ravvisabili endecasillabi e settenari, si apre con l’immagine ampia di Porto Corsini, dove il poeta immagina di essere stato con Dora:
“Fu dove il ponte di legno
mette a Porto Corsini sul mare alto
e rari uomini, quasi immoti
affondano
o salpano le reti.”
Al ritratto della giovane, percepito come incompleto, si aggiunge la seconda parte in cui alla figura di Dora si sovrappone anche alla storia di un’altra donna, Gerti Fránkel Tolazzi. Quest’ultima era una signora di Graz che Montale conosceva bene e che nel 1928 gli ispirò la poesia Carnevale di Gerti, compresa anch’essa nel Le Occasioni.
Il tono della poesia si fa più cupo nella seconda sezione, dove è già calata l’ombra delle leggi razziali sulla vita di Dora-Gerti, l’aria si è fatta velenosa e il ricordo delle passeggiate ravennati è ormai lontano.
In questa seconda parte, il poeta immagina di proseguire con la giovane Dora fino alla Darsena di città, che allora era descritta ancora come “lucida di fuliggine“.
“E qui dove un’antica vita
si screzia in una dolce
ansietà d’Oriente,
le tue parole iradiavano come le scaglie
della triglia moribonda.”
Il poeta condensa in pochi versi un grande omaggio al fascino di Ravenna, cogliendo la sua intima essenza e restituendola con un’espressione efficacissima “dolce ansietà d’Oriente“.
In queste parole sembrano brillare i tempi del passato glorioso della città, quello che si può ammirare nei mosaici dei suoi monumenti Unesco, con cui Mondate riassumere il rapporto della città con il fantasma della capitale bizantina in modo particolarmente sottile.
Poco oltre, a questa immagine si aggiungono altri versi indimenticabili che il poeta scrive per ritrarre la donna:
“è una tempesta anche la tua dolcezza,
turbina e non appare,
e i suoi riposi sono anche più rari.”
Il complicato intrecciarsi di proiezioni fantastiche e psichiche che presiede all’accidentata gestazione della lirica fa di Dora Markus uno dei componimenti più misteriosi e segreti, ma anche più ricchi di oggetti-simbolo e di «occasioni» taciute e infine risolte in una disperata e buia visione della realtà del 1939, con gli orrori che la storia stava preparando – dell’intera produzione montaliana.
Dora Markus di Eugenio Montale (in Le occasioni) è una lettura imprescindibile se si vuole scoprire come il fascino di Ravenna abbia ispirato poeti e viaggiatori. L’intelligenza e la sensibilità dei suoi versi hanno donato alla città un immortale specchio poetico nel quale riflettersi.