Ospitata all’interno del meraviglioso monastero camaldolese, eretto a partire dal 1515 e considerato un vero gioiello architettonico e artistico, la Grande Biblioteca Classense non custodisce soltanto 800 mila preziosi volumi stampati, ma − come orgogliosamente sottolinea l’archivista Claudia Foschini – ospita, cura e tutela anche una piccola e amatissima comunità di “viventi”.
Dove per “viventi” si intendono – in antitesi alle migliaia di preziosi “oggetti” qui conservati – una tartaruga centenaria (Santino), una colonia felina (Teresa, Byron, Matta e Obama) e addirittura uno sciame di api.
Questi animali, ad eccezione dello sciame d’api al momento confinato nel campanile di San Romualdo, sono lasciati liberi di vivere l’intero complesso, girare indisturbati nei chiostri e nelle sale della biblioteca. Off limits per loro sono soltanto la sala riservata a chi soffre di allergie e i depositi in cui rischierebbero di rimanere imprigionati.
Per il resto, che Byron corra lungo uno scaffale di libri e Teresa se ne stia acciambellata sul desk della distribuzione prestiti, è considerato legittimo, anzi è auspicato, quale segno di benessere e qualità della vita per chi vi lavora e chi vi studia.
Da anni questa insolita vocazione della Classense è fonte di ispirazione per guide turistiche (come la Guida di viaggio per gattofili. 17 luoghi gatteschi in Italia), citata in molteplici riviste culturali e articoli di cronaca, diventando motivo di attrazione e simpatica compagnia per visitatori e lettori.
Ad occuparsi quotidianamente della piccola comunità di animali è una volontaria storica, la signora Brunetta che al mattino fa il primo giro di controllo, pulisce le cucce, porta cibo ai gatti e assicura una porzione di lattuga o un morso di albicocca a Santino. Verso le 5 di pomeriggio, prima che bibliotecari e impiegati lascino il complesso, torna a “mettere a letto” i gatti in un’apposita stanza, al riparo dal sistema d’allarme e dotata di ogni comfort felino.
L’ospite più anziano e benemerito è Santino. La sua presenza è documentata niente di meno che nel Catalogo di Santi Muratori, direttore dell’Istituzione dal 1913 al 1943), all’interno dello schedario “soggetti locali” che ne riporta accuratamente la storia.
Così apprendiamo che, nel 1943, all’età di 30 anni, la tartaruga venne donata insieme a un fondo di libri dallo studioso ravennate Umberto Maioli. E che all’epoca la Biblioteca ospitava un’altra tartaruga di pineta degli anni ‘20. A dare alla nuova tartaruga il nome di Santino (in ricordo dello storico bibliotecario e direttore) fu l’archivista Claudia Foschini che, in virtù della sua esperienza di cavallerizza e della naturale vicinanza agli animali, fu designata per sempre Nume tutelare del bestiario della Classense.
Dunque, conti alla mano, la tartaruga ha oggi abbondantemente superato i cent’anni e con fiero cipiglio e una bella carica di aggressività (tipica delle tartarughe, assicura la dottoressa Foschini) spadroneggia nel chiostrino dei Morti, salvo frequentare il chiostro grande quando non è occupato da manifestazioni troppo affollate.
Quando, nel 2003, un incauto operaio, impegnato nella ristrutturazione, pensò male di rubare la tartaruga, unanime fu la condanna e immediata la reazione. L’allora direttore Donatino Domini, avendo velocemente ricostruito l’accaduto, chiamò l’impresa e minacciò di denunciare il malcapitato ai Carabinieri di zona se Santino non fosse tornato immediatamente a casa.
La storia dell’adozione dei gatti è – se possibile – ancora più romanzesca. Come ci ha raccontato, con ancora un filo di apprensione, la dottoressa Foschini, nel ponte del 2 giugno 2009, quattro minuscoli micetti rimasero imprigionati, e dunque divisi dalla loro mamma gatta, in un’ala in fase di ristrutturazione.
Quattro splendidi gattini ribattezzati Dewey (dall’omonimo sistema di catalogazione), Obama (in omaggio all’allora neo Presidente degli USA), Teresa (l’unica femmina) e Byron, in memoria della più celebre coppia ravennate.
A svezzarli e adottarli, mettendo in piedi una complessa rete di sostegno, furono allora la Foschini e la collega Sandra Dirani, che non esitarono a ricoverarli per alcuni mesi a casa propria per crescerli fino all’età di tre mesi e, più tardi, nei periodi in cui avevano bisogno di cure supplementari.
Negli anni Dewey si è fatalmente ammalato di anemia felina, mentre Obama attualmente cura il suo diabete a casa di Sandra. Teresa e Byron, invece, dimorano fra le mura della Classense amati e vezzeggiati.
Tanto che, un giorno di fine agosto dello scorso anno, non trovandosi più Byron fu dispiegata una massiccia operazione di ricerca, con la diffusione di appelli “Se lo vedete avvertiteci” e note alla stampa locale, per ritrovare il gatto, che prontamente fu rintracciato nella poco distante via Rondinelli dove alcuni vicini inconsapevoli gli avevano aperto casa.
Se si esclude un piccolo pipistrello che, nonostante le amorose cure di Claudia e il competente intervento dei volontari dell’avifauna, non è stato possibile salvare, questa breve rassegna si conclude con un pensiero per gli altri amati ospiti dell’abbazia di via Beccarini, le api.
Quali animali simbolo di santità (come ci racconta la raffigurazione musiva di Sant’Apollinare nell’abside dell’omonima basilica a Classe) hanno invece ottenuto il permesso di albergare nel campanile della Chiesa di San Romualdo.
Si tratta di un intero sciame, per il quale inizialmente era stata ipotizzata un’arnia di facile gestione, frutto di un progetto start up di giovani faentini, da sistemare nel chiostro grande, ma essendo poi stato ritenuto pericoloso in caso di ospiti allergici si è per il momento rinunciato alla compagnia così prossima delle api.