Siamo a cena con un ospite norvegese, uno americano e un iraniano (e non è una barzelletta). Riviviamo la giornata in giro per Ravenna e rispuntano i nomi di Dante, Garibaldi e Teodorico. A un tratto uno di loro chiede: “Sì, ma personaggi illustri che hanno avuto a che fare con Ravenna di recente?”.
Siamo prontissimi a questa evenienza. E per non dimenticare nulla sfoderiamo il nostro personale e manoscritto Almanacco dei Personaggi Eccellenti Innamorati di Ravenna. Casualmente in ordine alfabetico.
Borges, Jorge Luis. In Storia del guerriero e della prigioniera, pubblicato in Aleph quasi trent’anni prima della sua visita a Ravenna, il grande scrittore argentino racconta di Droctulfo e del suo legame con questa città.
Personaggio storico e qui letterario, il guerriero dell’esercito longobardo passò poi a combattere per l’impero, difendendo Ravenna, che scelse poi come dimora e patria. Ravenna come città cosmopolita e paradigma di una contemporaneità in cui ognuno può scegliere e cambiare la propria storia e quella del mondo.
Non ci sono tradimenti, né “invasioni barbariche”. Soltanto illuminazioni. Gli abitanti di Ravenna dettero a Droctulfo sepoltura in un tempio ed espressero la loro gratitudine in un epitaffio, evidenziando il contrasto tra l’aspetto atroce del condottiero e la sua semplicità e bontà. Borges, che visitò Ravenna oramai vecchio e cieco, insieme all’editore locale Lapucci, respirò grazie a quest’ultimo l’atmosfera e i luoghi che tre decenni prima aveva potuto soltanto immaginare.
Byron, George Gordon, per gli amici semplicemente “Lord“. Eccentrico e mondano nobile inglese, giunse a Ravenna per il Grand Tour nel 1819 con sette domestici, alcuni gatti e una scimmia.
Fu “amico” (qualcosa di più, dai) della Contessa Teresa Gamba Guiccioli e ciò lo mise assai nei guai con il di lei marito, il Conte Alessandro Guiccioli. Fu vicino alla setta dei carbonari del di lei fratello, Pietro, e anche questa simpatia lo mise alquanto nei guai, tanto che dovette…
Se volete saperne di più della sua storia e della Ravenna di quell’epoca, leggete questo articolo.
Callas,Maria. La Divina, Miss Sold Out, una delle voci d’opera più peculiari, agili ed estese del Novecento. Soprano, nata in America da una famiglia di origine greca (e per breve tempo anche cittadina italiana) fu a Ravenna nel 1954 per interpretare al Teatro Alighieri, La Forza del Destino di Giuseppe Verdi. Pienone e standing ovation.
L’amai, gli è ver! Ma di beltà e valore Cotanto Iddio l’ornò. Che l’amo ancor. Nè togliermi dal core L’immagin sua saprò.
D‘Annunzio, Gabriele, per gli amici (ma anche i nemici) “Il Vate”, “l’Immaginifico”, il “Principe di Montenevoso” o più semplicemente “Gabri”, ma soltanto per la Duse. Venne a Ravenna più volte, ma di certo vi fu nel maggio del 1902 per assistere al Tristano e Isotta, opera diretta dal maestro Vittorio Maria Vanzo.
Nel palco con lui anche Eleonora Duse e Olindo Guerrini, come non manca di notare con enfasi nelle sue pagine Il Ravennate di quei giorni. D’Annunzio dedicherà a Ravenna alcuni versi delle Laudi – II Elettra:
Il mistico Presagio
Ravenna, glauca notte rutilante d’oro, sepolcro di violenti custodito da terribili sguardi, cupa carena. grave d’un incarco imperiale, ferrea, construtta di quel ferro onde il Fato è invincibile, spinta dal naufragio ai confini del mondo, sopra la riva estrema! […]
James, Henry, scrittore e critico americano e poi inglese, si recò a Ravenna più volte tra il 1874 e il 1883. Alla città romagnola dedicò molte pagine in quel taccuino di viaggio che divenne, nel 1909, Ore Italiane. Dipinge così (e concordiamo con lui) la Basilica di Sant’Apollinare in Classe:
Tra la città e la foresta, […] si innalza la più bella delle chiese ravennati, l’imponente tempio di Sant’Apollinare in Classe. L’imperatore Augusto aveva costruito nei dintorni un porto, per la sua flotta, che i secoli hanno insabbiato e che sopravvive solo nel nome di questa antica chiesa. La sua posizione di assoluta solitudine ne raddoppia l’effetto.
Jung, Gustav. Psichiatra, filosofo e psicologo tra i più rilevanti di sempre, visitò Ravenna due volte, a distanza di vent’anni, agli inizi del Novecento. Proprio a Ravenna gli capitò un fatto curioso, a metà tra l’allucinazione e il prodigio. Era convinto di avere un ricordo nitido di alcuni mosaici, ma in realtà tali mosaici non esistevano!
Kandinsky, Wassily. Pittore e teorico dell’arte russo, scrive così all’amico Paul Klee nel 1930:
Ho visto finalmente Ravenna, e tutte le mie aspettative erano nulla di fronte alla realtà. Sono i mosaici più belli e e più formidabili che io abbia mai visto. Non sono soltanto mosaici, ma vere e proprie opere.
Racconta la moglie, di quella visita a Ravenna, che Kandinsky appariva commosso. Non disse una parola guardando i mosaici e quando uscì dalla chiesa disse che era un’arte paragonabile alle antiche icone russe, a lui così care e grande fonte di ispirazione.
Klee, Paul. Pittore tedesco, viaggiò moltissimo in Europa e in Italia. Ci racconta il figlio, che nel 1926 era con lui a Ravenna, che:
Questa città così poco italiana, esercitò su di lui un incanto particolare, con i suoi mosaici bizantini dai coloro sfarzosi. Forse il suo periodo divisionista che ebbe inizio nel 1930 ricevette il suo principale impulso dai mosaici di Ravenna.
Klimt, Gustav. Un altro Gustav, che viene fatalmente ispirato dai mosaici di Ravenna, praticamente negli stessi anni. Un caso? Non crediamo proprio…
Un uomo ipocondriaco e ansioso, che non ama lasciare la propria Vienna. Eppure si concede ben due volte a Ravenna. Due viaggi. Come Jung. Un altro caso? Forse no. I monumenti ravennati di “incredibile splendore” (e siamo anche in questo caso d’accordo con lui) furono fondamentali per la sua opera e la sua formazione. Avete presente tutto quell’oro ne Il bacio o nel Ritratto di Adele Bloch-Bauer I? Della sua storia completa abbiamo parlato in questo post.
In definitiva per Klee – come per Klimt, Kandinsky e altri pittori – Ravenna, le sue atmosfere e i suoi tesori d’arte risulteranno di enorme suggestione e ricopriranno grande e durevole importanza.
Le Corbusier, pseudonimo del grande architetto Charles-Édouard Jeanneret-Gris. Durante le sue peregrinazioni italiane visitò anche Ravenna, riproducendo in acquerelli e tempere i soggetti dei più importanti monumenti cittadini (oltre ad approvvigionarsi lautamente di cibo e vino, in compagnia del suo inseparabile gatto, particolari che egli amava spesso ricordare di quel grandioso viaggio).
Montale, Eugenio. Poeta, scrittore, traduttore, uomo politico ma anche, così per dire, Premio Nobel per la Letteratura nel 1975. Soggiorna a Ravenna e incornicia Porto Corsini (villaggio sul mare a pochi chilometri dalla città) per immortalare la figura di Dora Markus, giovane ragazza austriaca che ispirerà una poesia omonima, anche se Montale non la incontrerà mai.
Porter, Cole. Cliccate qui e alzate un po’ il volume. Questa è Night and Day, composizione del musicista americano di cui poco sopra. Si dice (e noi ci crediamo) che l’ispirazione gli venne dopo aver visitato i mosaici di Ravenna e in particolare quelli del Mausoleo di Galla Placidia. Il giorno fuori, la notte all’interno. Con la volta scura e le stelle d’oro. Ti penso notte e giorno, giorno e notte. I think of you night and day, day and night…
Pound, Ezra anche se americano, visse gran parte della sua vita in Europa e in Italia. La sua opera più importante, i Cantos, una sorta di moderna Divina Commedia, assai lirica ed epica, ma allo stesso tempo immediata e spoglia, ha trovato ispirazione anche a Ravenna.
Dai sarcofagi di Galla Placidia, infatti, emerge Gemisto, filosofo neoplatonico, personaggio illuminante del poema. Lo stesso tempio, ristrutturato nel ‘400, rappresenta per l’autore la rinascenza dell’ideale classico, si rianima “e dappertutto sui sepolcri spuntano vessilli di vittoria.”
Youcernar, Marguerite. Scrittrice e poetessa francese, giunge “Pellegrina e straniera” a Ravenna nel 1935. Questa città le ispirerà un saggio fulminante, dal quale estrapoliamo alcuni assiomi:
Uno dei segreti di Ravenna sta in questo confinare dell’immobilità con la velocità suprema: essa conduce alla vertigine. Il secondo segreto di Ravenna è quello dell’ascesa al profondo, l’enigma del Nadir. Letteralmente, i personaggi dei mosaici sono minati: hanno scavato in se stessi enormi caverne nelle quali raccolgono Dio.
Ravenna è dunque un cappotto di pietra, una vertigine, una città che ascende (e fa ascendere) dal profondo. Un luogo nel quale si sente potente lo stacco “tra l’interno e l’esterno, tra la vita pubblica e la segreta vita solitaria.”. Semplice fuori, ricca dentro. Come una delle tante chiese bizantine, così spoglie all’esterno e così magnifiche una volta solcata la soglia.
Wilde, Oscar. Che dire? Grandissimo aforista e drammaturgo, critico, saggista e poeta irlandese. Ebbene sì, anch’egli folgorato da Ravenna. Dalle sue voci, dalla grande Storia che qui fu scritta, dalla sua natura, dalla sua gente. Ecco le parole che gli scaturirono quando giunse per la prima volta in città. Le riportiamo prima in inglese, perché non c’è paragone, poi tradotte:
O how my heart with boyish passion burned, When far away across the sedge and mere I saw that Holy City rising clear, Crowned with her crown of towers! – On and on I galloped, racing with the setting sun, And ere the crimson after-glow was passed, I stood within Ravenna’s walls at last!
Oh, quale passione Giovanile arse il mio cuore, quando oltre i canneti E la palude io vidi chiara sorgere la Città Sacra Dalla sua corona di torri incoronata! Avanti, Avanti, in gara con il sole io galoppai, E prima che le luci del tramonto Fossero al tutto spente, entro la cinta Murata finalmente mi trovai.
La bellezza e il fascino di Ravenna (e dell’Italia che visitò, bisogna ammetterlo) le porterà fino in Patria e scalderanno a tal punto il suo animo che anche la “nordica primavera” gli sembrerà più bella e folgorante.
Ma questo era il racconto di una cena con ospiti stranieri, ricorderete. Affascinati dal lungo elenco di innamorati di Ravenna (ma una lista ancora più lunga potete trovarla qui), attendevano la chicca finale. Ed eccola. Spezziamo l’ordine alfabetico, ma ci piaceva tenerla come dolce, in fondo.
Non è necessario fare troppa scorta di Ravenna, tanto è probabile che prima o poi ritornerete. Ma non lo diciamo noi. Lo lasciamo dire a…
Hesse,Herman il quale scrisse, agli inizi del Novecento, appena lasciata questa terra:
È come per le canzoni un po’ passate Nessuno ride dopo averle ascoltate Ma poi tutti le voglion riascoltare E sino a tarda notte meditare
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