La storia di Teoderico, re dei Goti, è un capitolo molto importante per la città di Ravenna: l’ascesa e la caduta del re barbaro ci raccontano molto di alcuni dei monumenti più visitati della città.
Aldilà dei fatti storici, è molto interessante anche tutto ciò che riguarda la sua morte, ammantata dal mistero. La leggenda è un incredibile groviglio di fantasie diverse, una più sorprendente dell’altra.
Le origini e la giovinezza
Teoderico nacque nel 454 d.C. in Pannonia, una regione che oggi possiamo collocare tra l’Austria e l’Ungheria.
Figlio del Re degli Ostrogoti Teodemiro, a otto anni fu inviato come ostaggio alla corte dell’Imperatore di Costantinopoli Leone I, dove visse per ben dieci anni come pegno di garanzia per il mantenimento della pace tra Goti e Bizantini.
A quel tempo, Costantinopoli era la città più colta e illuminata, e Teoderico fu istruito dai migliori maestri, anche se non si dedicò mai allo studio con grande passione.
Alla morte del padre, Teoderico gli successe al trono, continuando la politica di alleanza con il governo bizantino e appoggiando l’imperatore Zenone nelle sue campagne militari.
Fu proprio quest’ultimo che, per evitare pericolose sovrapposizioni di potere, acconsentì che Teoderico partisse alla volta dell’Italia per porre fine al regno dell’usurpatore Odoacre.
Alla conquista dell’Italia
Nel 488 d.C. Teoderico partì per l’Italia con il suo esercito, composto da oltre un centinaio di migliaia di persone.
L’impresa non fu affatto semplice. Dapprima dovette valicare le Alpi durante un inverno rigidissimo e poi, quando giunse a destinazione, nonostante alcune vittorie non riuscì a porre fine alla guerra contro Odoacre.
Quest’ultimo fu costretto a ritirarsi all’interno della città di Ravenna, e dopo tre anni di assedio, i barbari di Teoderico furono vessati dalla malaria.
La vittoria giunse nel 493 d.C., dopo la presa di Rimini, quando Odoacre e il suo popolo si trovavano ormai “chiusi” a Ravenna, dove si moriva di stenti ed epidemie.
A febbraio del 493 fu firmato un trattato di pace ma, durante un banchetto celebrativo, Teoderico fece uccidere Odoacre.
Re Teoderico e Ravenna capitale
Divenuto padrone d’Italia, Teoderico governò tentando di far convivere pacificamente le due anime del suo Regno, ossia quella gota e quella romana.
Teodorico non impose agli ortodossi romani il suo credo religioso, anzi si infastidiva quando qualcuno si convertiva pensando di fargli piacere.
La città di Ravenna tornò a risplendere. La produzione agricola e la costruzione edilizia ebbero una nuova fioritura e così anche lo sviluppo delle arti.
Si devono a Teoderico il Battistero degli Ariani, la Basilica dello Spirito Santo, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo e il suo Mausoleo.
Gli ultimi anni
Nonostante per gran parte del suo regno Teoderico abbia governato in pace, negli ultimi anni della sua vita divenne cupo, e quel clima di armonia che aveva contraddistinto il suo regno fino ad allora si spezzò.
La sua reputazione cominciò a incrinarsi con la condanna a morte di Albino, console romano accusato di aver ordinato una congiura.
A peggiorare la situazione fu Giustino I, il nuovo Imperatore bizantino che iniziò un’aspra campagna contro l’arianesimo, inviando papa Giovanni affinché convincesse l’Imperatore a ritirare gli editti emanati contro il suo credo religioso.
Tornato in Italia senza aver ottenuto risultati, Teoderico lo punì lasciandolo morire in miseria.
Le tante leggende sulla morte di Teoderico
Teoderico morì il 30 agosto 526 a Ravenna. Le leggende che si raccontano sulla sua morte sono molte.
I cattolici diffusero la credenza che la sua morte fosse avvenuta per volere divino poiché il re aveva mandato a morte il papa.
Dario Fo si interessò ai vari racconti popolari di Ravenna, e non poteva di certo tralasciare quelli a proposito di Teoderico. Ne “La vera storia di Ravenna” riportò due versioni. La prima rimanda alla credenza che l’ostrogoto, in groppa al suo cavallo, fu rapito da un demone che si era impossessato dell’animale, trascinandolo con sé nel cratere di un vulcano.
Giosuè Carducci ne racconta una sua versione nella poesia “La leggenda di Teoderico”.
Un’altra versione racconta di un Teoderico triste, roso dai sensi di colpa. I suoi cuochi cercavano sempre di tirarlo su con deliziosi manicaretti, finché…
Steso su un vassoio grande viene portato in sala da pranzo un pesce rosato pronto per essere servito a tavola. La bocca del pesce si spalanca e fra i suoi denti appare la testa di un uomo: è quella del senatore Simmaco! Il re, qualche giorno prima, aveva ordinato che gli fosse mozzato il capo.
A Teoderico sfugge un urlo. Si rovescia in avanti verso il pesce e si ritrova faccia a faccia con il senatore. Entrambi morti stecchiti.
L’ultima leggenda narra che Teoderico fosse terrorizzato dai fulmini, soprattutto da quando un’oscura profezia gli aveva predetto che uno lo avrebbe ucciso. Per combattere questo suo timore fece costruire il mausoleo per ripararsi al suo interno durante i temporali.
La grande cupola non bastò a proteggerlo dal suo destino e un giorno un fulmine la crepò, arrivando a colpire il re dei Goti.