La Biblioteca Classense, la più importante tra le istituzioni culturali della città, consente di raccontare il legame di Ravenna anche con la storia medievale, in particolare con il fenomeno del monachesimo che si diffuse progressivamente in Occidente.
Il complesso che ospita oggi la Biblioteca era originariamente sede della libreria dell’Ordine Camaldolese, la congregazione monastica nata agli inizi del primo millennio per opera del ravennate San Romualdo.
Il santo ci viene descritto come colui che portò a Ravenna l’ideale della vita monastica secondo il codice della Regola di San Benedetto, patrono del Vecchio Continente. Le sue imprese spirituali cominciarono attorno al 980 nel cenobio di Sant’Apollinare in Classe, uno dei monasteri sorti attorno alla grande basilica alcuni anni dopo la sua costruzione.
Nel 1512, il monastero venne parzialmente distrutto durante gli scontri della battaglia di Ravenna, tra gli eserciti della Lega Santa e quelli francesi agli ordini del Re Luigi XII.
I monaci dovettero abbandonare Classe per trasferirsi all’interno della cinta urbana, nell’allora ospedale di Santa Maria della Misericordia che era stato donato dai Da Polenta ad Ambrogio Traversari, priore dell’Ordine Camaldolese.
Il priorato di Traversari coincise con una riscoperta della figura del fondatore dell’Ordine per ridare slancio all’abbazia dopo un periodo di decadenza, non solamente grazie a San Romualdo, ma anche a figure centrali del monachesimo antico, come Basilio Magno, Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo, rimettendo al centro quell’ideale di vita ascetica che aveva ispirato il fondatore.
La riproposizione della figura di Romualdo trasse impulso dal ritrovamento delle sue reliquie in Val di Castro e dall’opera del veneziano Pietro Dolfin, eletto priore generale nel 1480.
Grazie a esso, l’insediamento camaldolese faceva di Ravenna una delle città più coinvolte in quel processo di diffusione della cultura umanistica cominciato già sul finire del 1300.
L’ “Umanesimo devoto” fu preso a modello dall’abate Pietro Canneti che, nel suo decennio di permanenza nel monastero classense, si dedicò all’arricchimento della biblioteca fino a dotarla di oltre novemila volumi tra manoscritti, incunaboli, opere storiche e filologiche.
Si può dire che la Biblioteca Civica, divenuta tale dal 1803 dopo le soppressioni napoleoniche dei beni monastici, abbia continuato a veicolare quella sintesi tra spiritualità e sapere espressa dal modello camaldolese.
Il legame con il Sommo Poeta fu suggellato nel 1908 con l’acquisizione della Raccolta Dantesca dell’editore Leo S.Olschki, la più importante raccolta libraria a tema dantesco, ricca di rare edizioni, mentre la memoria di San Romualdo è rimasta viva attraverso la chiesa seicentesca a lui dedicata annessa alla biblioteca.