La particolare denominazione delle “valli” deriva dal meccanismo con il quale si originarono oltre mille anni fa in seguito all’ “avvallamento” dei terreni paludosi a ridosso della foce del fiume Po.
L’intervento dell’uomo ha, nei secoli, modificato e protetto questo territorio, grazie alle numerose campagne di bonifica.
L’acqua che ha riempito questo bacino è salmastra e molto ricca, poiché la profondità media inferiore al metro fa penetrare la luce fino a raggiungere il fondale, permettendo così la crescita di un’abbondante comunità di nutrienti microalghe.
Alla pari delle foreste fluviali, le zone umide sono infatti gli ambienti più biologicamente produttivi della Terra.
Tutto ciò rende quella delle valli una zona estremamente attraente per pesci ed uccelli che qui, mai come altrove, sono numerosissimi: più di 300 specie tra cui il fenicottero rosa, il cavaliere d’Italia, la garzetta, l’airone cenerino, le ciocogne e il martin pescatore.
Anche l’uomo si è accorto presto della pescosità di queste valli, dove cefali, orate, branzini, acquadelle e soprattutto anguille scelgono di rifugiarsi per crescere lontano dai predatori del mare aperto.
Ogni anno, per cinque notti tra novembre e dicembre, viene consentita la pesca dell’anguilla (e la conseguente sagra firmata Slow Food), con una tecnica di pesca tanto ingegnosa quanto affascinante: il lavoriero. Si tratta di una trappola di legno e canna di palude a forma di cuspide che ostruisce l’imboccatura dei canali collegati al mare e cattura così le anguille che vogliono raggiungere il mare e andare a riprodursi nell’oceano.
Legati all’attività ittica sono poi i “Capanni da pesca“, casotti fatti di pali, paglia e canne palustri con un’enorme rete a bilancia (da cui il termine “bilancioni” o “padelloni”), che funzionano anche come punti d’appostamento, ritrovo e socialità.