Le PINETE STORICHE di San Vitale e Classe hanno origini molto antiche. Si pensa che tali boschi fossero probabilmente già presenti attorno al V sec. d.C.
Gli attuali 2.000 ha (1100 circa a nord di Ravenna e circa 900 a sud) sono ciò che rimane della grande foresta che nel 1700 si estendeva con continuità per 7.000 ha e che, attorno all’anno Mille, era gestita da ben quattro comunità monastiche: le abbazie di San Vitale, di Santa Maria in Porto, di Sant’Apollinare in Classe e di San Giovanni Evangelista.
Oggi tutte queste aree sono amministrate dal Comune di Ravenna, in accordo con l’Ente di Gestione per la Biodiversità – Delta del Po in quanto ricadono interamente all’interno del grande Parco regionale del Delta del Po.
Le pinete di Ravenna non sono però tutte accomunabili tra loro. Vi sono anche pinete litoranee (Casalborsetti, Staggioni, Piomboni, Raspona, Ramazzotti, Savio e, in Comune di Cervia, Pinarella) che appartengono al Demanio pubblico e vengono tutelate come Riserva Naturale Statale.
Il nucleo più antico di quest’ultime, la Pineta Staggioni a Porto Corsini, risale al 1882 e successivi rimboschimenti furono effettuati grazie alla “Legge Rava” del 1905, e dichiarati inalienabili.
La gestione è in capo all’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Punta Marina (Carabinieri forestali).
La Pineta di San Vitale e la Pineta di Classe
La Pineta di San Vitale e la Pineta di Classe non sono le uniche unità forestali di proprietà del Comune di Ravenna, ma sono certamente le più note.
La PINETA DI SAN VITALE si estende a nord della città, partendo dal Canale in destra di Reno fino a raggiungere il Canale Candiano. La SS 309 la separa dal bellissimo sistema formato dall’Oasi di Punte Alberete e Valle Mandriole, divise a loro volta dallo scorrere del Fiume Lamone che prosegue fino all’Adriatico.
Questa conformazione crea scorci di paesaggio davvero suggestivi e rende l’area idonea allo sviluppo di una notevole biodiversità.
La PINETA DI CLASSE si estende a sud di Ravenna, partendo dall’abitato di Fosso Ghiaia fino a oltre l’area di Mirabilandia.
Anche in questo caso, tra la pineta e il mare c’è un paesaggio di eccezionale valore per l’avifauna e la biodiversità: ben 40 ha. di zone umide occupate dall’area dell’Ortazzo e Ortazzino e dalla Foce del torrente Bevano.
Tutto questo territorio è particolarmente apprezzato per il suo aspetto selvaggio e incontaminato e tutelato per la ricchissima biodiversità che la abita.
Le pinete nei secoli
La storia racconta (ma non esistono prove a riguardo) che a piantare i primi pini della specie Pinus pinea (Pino domestico) fossero stati i romani all’epoca di Augusto.
Certo è che l’Imperatore scelse questa zona per aprirvi uno dei maggiori porti di produzione e rifornimento per la sua immensa e potente flotta navale, il Porto di Classe.
Nel Medioevo i monaci dell’Ordine dei Camaldolesi ampliarono il bosco e ne gestirono tutti gli aspetti, coinvolgendo anche i cittadini ravennati, allo scopo di ricavarne reddito grazie alla raccolta e vendita dei pinoli.
Le vicissitudini susseguitesi nel 1800, iniziate con la Rivoluzione francese (a cui seguì l’esproprio alla Chiesa e la cessione a privati) fino all’avvento della rivoluzione industriale, segnarono il periodo più difficile per queste aree boschive.
Si assistette a una drastica riduzione dell’estensione delle pinete, primo episodio fra tutti la scomparsa della Pineta di Santa Maria in Porto ad opera di privati.
Il 29 maggio 1873 le pinete divennero proprietà comunale, ma la riduzione non si arrestò e nel 1896 fu abbattuta la Pineta di San Giovanni Evangelista, tra il Fiume Bevano e il Fiume Savio.
Successivamente, anche a causa degli inverni particolarmente rigidi del periodo, alcuni proprietari decisero di trasformare la pineta in fonte di legname da ardere e altre porzioni di bosco andarono distrutte.
Un altro duro colpo, soprattutto a spese della Pineta di San Vitale, fu inferto dalla Prima Guerra Mondiale, quando il legname di queste zone boschive divenne una materia prima molto richiesta per la costruzione di strade e ferrovie. La perdita di parte del patrimonio boschivo continuò nei decenni successivi.
Prima la richiesta agraria, pur contrastata da varie componenti sociali che chiedevano la conservazione delle pinete, poi l’espansione industriale della seconda metà del ‘900, unite alla difficoltà di gestione legate ai costi di mantenimento e agli eventi climatici e bellici, costarono ulteriori riduzioni, la più importante, a partire dal 1955, in favore degli insediamenti petrolchimici e agro-industriali.
Oggi, la pigna, il pino e la pineta rimangono peculiari caratteristiche del ravennate. Il pino domestico, che un tempo veniva selezionato per motivi soprattutto economici, è anche parte dello stemma comunale e l’immagine delle pinete di Ravenna ha attraversato secoli di storia della letteratura e dell’arte.