Vivo a Ravenna da quasi 30 anni, ma LIDO DI DANTE è ancora un mistero. Nascosto tra la sua pineta secolare e le villette a schiera per villeggianti si prende gioco di chi ci arriva attirato da quello che si legge nei depliant.
Non è Marina di Ravenna, e chi viene qui lo sa bene: non è trendy, non è il posto adatto per vedere gente, non ci trovi i locali di tendenza. Ma nemmeno gli slogan dell’industria turistica calzano: «gioiello naturalistico», «oasi protetta», «riserva naturale», nomi troppo esotici per Ravenna.
All’inizio delude: il parcheggio, il chiosco, i due o tre bagni in puro stile anni ’60. Tutto qui? Non proprio.
Lido di Dante è un vecchio romagnolo: cuore grande, scorza dura e un pessimo carattere. Gli sta stretta qualsiasi definizione. Figurarsi la “reclame”.
D’altra parte, qui non si arriva per caso. L’unica strada che porta al mare, la Marabina, è stretta e polverosa: da un lato l’argine del Fiume Uniti, dall’altro la campagna lagunare piatta. Qualche pino spezza il paesaggio, per il resto è polvere e noia.
Fino a qualche anno fa, la prima immagine che appariva al visitatore era quella di qualche capanno abusivo a due passi dal mare. Dopo la riqualificazione, ti accolgono un parcheggio, un’area attrezzata e un chiosco di piadina. Scendi dalla macchina, e sei con i piedi a mollo.
Dopo chilometri di polvere e terra, te la schiaffano lì la spiaggia, in puro stile romagnolo: senza fronzoli, senza le barriere degli stabilimenti balneari o della pineta ad ostacolare la vista.
Intendiamoci, la pineta c’è ed è molto rinomata: alta, ombreggiata, profumata come tutte quelle che costeggiano i lidi. Ma è spostata di lato. Come a dire: «Scegli o me o la spiaggia».
Il paesaggio ricorda gli anni del primo boom turistico in Riviera: ombrelloni circoscritti nella zona più vicina al parcheggio e spiaggia libera che regna sovrana.
Gli stabilimenti sembrano degli intrusi: due o tre, tanto per dare ai turisti qualcosa da bere nell’afa estiva. Il più grande, quello più vicino al parcheggio, si chiama Classe (dal nome dalla vicina località turistica): quasi una sfida. Ci trovi ancora i gelati Sammontana e nessuno ti guarda storto se decidi di mangiare un cartoccio di patatine fritte in riva al mare. Con gli annunci all’altoparlante in sottofondo: «Pronta la pizza», «Mario, vieni a prendere il tuo panino». Altro che il sushi e i cibi dietetici di Marina.
Le comodità sono davvero un optional qui: niente alberghi di lusso, o residence. Al massimo Lido di Dante ti offre graziose villette a schiera da affittare oppure centinaia e centinaia di piazzole di sosta per camper o tende per il turismo all’aria aperta. È la Natura che detta le regole del gioco.
Se ci si spinge oltre i primi bagni, con una passeggiata sulla spiaggia o in mezzo alla pineta (a piedi o in bicicletta perché le auto sono bandite), si arriva alla Riserva Naturale della Bassona. È qui che Lido di Dante mostra davvero sé stessa: non a tutti, solo a chi va oltre le apparenze.
Il paesaggio cambia continuamente: le dune si disfano e si rimodellano al soffio dei venti e a seconda degli umori del mare.
Passeggiare in riva è come visitare una mostra di design: i tronchi bianchi portati a riva dalla vicina foce del fiume Bevano somigliano a complementi d’arredo, elegantissimi nella loro nodosità.
In inverno, se si è fortunati, si possono vedere pescatori di telline affaticati su strumenti da pesca d’altri tempi come il rastrello. Sullo sfondo, una piattaforma petrolifera che con il suo rosso pallido di nebbia dà un tocco di colore all’intera scena.
Questa è Lido di Dante: autentica, come i capanni che si trovano tutt’attorno alla foce del Bevano (una piccola “boca” nostrana che raccoglie le seconde case dei ravennati). Residuo di un turismo d’altri tempi riservato a quanti, grattando via la patina dei pregiudizi e delle impressioni, hanno il coraggio di spingersi fin qui. Ne vale la pena.
Daniela Verlicchi
9 spiagge in cerca d’autrice
Nove lidi e 40 chilometri di spiaggia, nove storie, nove stili diversi di vivere la vacanza, un microcosmo di realtà del litorale ravennate che offre sguardi differenti. Nascono così nove racconti imperniati sull’identità di ogni luogo, tra memorie, ricordi e fascinazioni.
Casal Borsetti, Marina Romea, Porto Corsini, Marina di Ravenna, Punta Marina Terme, Lido Adriano, Lido di Dante, Lido di Classe, Lido di Savio. Nove località raccontate da altrettante giornaliste.
Un viaggio in parole dove l’innovazione si affianca all’offerta balneare più tradizionale, con modalità diverse, passando da antichi borghi di pescatori, alle lottizzazioni degli anni ’70, alle riqualificazioni urbane ai grandi progetti del porto turistico e del terminal crociere, dalla pineta agli stabilimenti balneari più trendy, dalla natura incontaminata ai bagni attrezzati per lo sport.