Adiacente alla tomba di Dante, il complesso monumentale degli ANTICHI CHIOSTRI FRANCESCANI è un angolo di pace e raffinata bellezza nel cuore del centro storico di Ravenna.
La struttura, anche se modificata più volte nel corso dei secoli, conserva un alto valore simbolico e morale, ricorda infatti la permanenza di Dante Alighieri in città.
Una conferma è il rinnovato Museo Dante, al primo piano dell’edificio, che propone un viaggio attraverso le opere, la vita e la memoria di Dante Alighieri.
Oggi gli Antichi Chiostri – di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna – oltre a essere sede del Museo Dante, sono anche una pregiata cornice per mostre ed eventi artistici e culturali.
All’origine dei chiostri francescani
Realizzati durante il periodo medievale (1261), i chiostri erano parte integrande del convento dei frati minori francescani, proprio alle spalle della Basilica di San Francesco che nel 1321 aveva ospitato i solenni funerali del Sommo Poeta.
Andando a sovrapporsi su precedenti interventi databili al XV e il XVII secolo, l’attuale configurazione risale agli anni ’20 del secolo scorso, quando l’intera Zona Dantesca assunse quell’aspetto romantico che presenta ancora oggi.
In occasione del VI centenario dalla scomparsa del Sommo Poeta, furono diversi i restauri apportati ad edifici legati alla sua permanenza in città: dalla Basilica di San Francesco al Quadrarco di Braccioforte fino alla Tomba stessa, su progetto dell’architetto Giulio Ulisse Arata (che firmò anche la ristrutturazione del Palazzo della Provincia, poco distante).
Due chiostri per una sola anima
Il complesso consta di due chiostri vicini l’uno all’altro, con uno spazio intermedio usato come area espositiva e sale conferenze.
Il primo, quello adiacente al tempietto opera di Camillo Morigia, viene chiamato “Dante”, in virtù della prossimità alla tomba.
È costituito da un raffinato loggiato, cinto da colonne sormontate da capitelli in stile dorico. Al centro un pozzo, incorniciato da due colonne con capitelli bizantini, risale al VI secolo d.C., forse di provenienza dalla vicina basilica di San Vitale.
Il secondo, detto “della Cassa”, di forma più irregolare, consta di un porticato con le colonne in pietra d’Istria, di marmo rosso veronese e di greco. In pietra d’Istria è anche il puteale situato al centro, con scolpiti in rilievo due anfore e due stemmi uguali, sui quali c’è un’aquila con il motto “In Pietra Exaltavit Me”.
Sul lato ovest si nota una lapide che ricorda l’incredibile vicenda del trafugamento delle sue ossa da parte di frati francescani, che nel 1519 le occultarono per evitare che venissero ricondotte a Firenze.