Fra i diversi itinerari religiosi che la città di Ravenna offre, uno in particolare desta particolare interesse.
Attorno a quella che è l’area di Piazza Duomo e Piazza dell’Arcivescovado si concentrano infatti alcuni dei monumenti più importanti della storia della spiritualità locale: il Palazzo Arcivescovile (sede del Museo Arcivescovile e della Cappella di Sant’Andrea), il Battistero Neoniano e infine la Cattedrale metropolitana della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, conosciuta semplicemente come il DUOMO.
Un complesso vasto e imponente che attrae l’attenzione di tutti coloro che si trovano a passare davanti al suo cospetto e che li spinge inequivocabilmente a conoscere in maniera più dettagliata la sua lunga storia.
L’Hagìa Anástasis di Ravenna
La cattedrale di Ravenna fu progettata in concomitanza al trasferimento spostamento della capitale imperiale da Milano a Ravenna nel 402 d.C.
Costruita al centro della città, fu consacrata il 3 aprile del 407 d.C. e dedicata alla Risurrezione di Gesù (in greco antico Hagìa Anástasis). Infine, assunse la denominazione di “Basilica Ursiana”, dal nome del suo fondatore, il vescovo Orso.
L’edificio originario, di cui possiamo ipotizzare la struttura grazie agli scritti dello storico Andrea Agnello (IX sec. d.C.) e alcuni interventi di scavo archeologico, aveva pianta basilicale. Suddivisa probabilmente in cinque navate, scandite da quattro filari di colonne, terminava con un’abside internamente semicircolare ed esternamente poligonale.
Il pavimento originale non è più visibile e si trova a oltre 3 metri di profondità rispetto il piano stradale attuale.
Nel 1112 d.C., a seguito di alcuni interventi di restauro, furono apportate alcune modifiche al complesso, tra cui il completo rifacimento delle decorazioni musive dell’abside, i cui resti sono oggi in parte conservati al Museo Arcivescovile.
Il “nuovo” duomo
La vera trasformazione per l’edificio, che ai tempi appariva notevolmente degradato e declassato, arrivò a metà del ‘700.
Dietro scelta dell’arcivescovo Maffeo Nicolò Farsetti si decise di avviare un rimodernamento dell’intera struttura in chiave neoclassica. Per i lavori fu contattato l’architetto riminese Gianfrancesco Buonamici.
L’intervento comportò la quasi totale distruzione delle fasi antiche e la ricostruzione pressoché integrale della chiesa, nelle forme che ancora oggi possiamo ammirare.
Le uniche strutture a salvarsi furono il campanile cilindrico del X secolo e la cripta, oggi sommersa. Furono, invece, asportati o distrutti i mosaici che erano stati aggiunti nel 1112 d.C.
Oggi il Duomo ha una struttura completamente diversa da quella che era l’originale. L’edificio, a croce latina, è suddiviso in tre navate da due file di colonne.
All’incrocio tra la navata centrale e il transetto si eleva una grande cupola neoclassica di quasi 50 metri, completamente affrescata da Giovanni Battista e Andrea Barbiani, adagiata su un alto tamburo sormontato da una lanterna e scandito da otto finestroni.
Dalla navata principale si accede a quelle laterali che si articolano in tre campate a pianta rettangolare, sulle quali si aprono simmetricamente cappelle oratorie, alcune delle quali di suggestivo splendore.
Tra queste, oltre quella del Santissimo Sacramento, una menzione particolare spetta alla Cappella della Beata Vergine del Sudore, posta sulla parete di fondo del braccio destro del transetto (vedi focus).
Diverse sono le opere d’arte a carattere religioso, e non solo, che spiccano all’interno del Duomo. Da segnalare sono: la pala d’altare raffigurante San Cristoforo, realizzata da Antonio Rossi; il sarcofago di Sant’Esuperanzio con le spoglie dell’omonimo vescovo e quelle dell’arcivescovo Massimiano; la pala di Josep Baptiste Wicar con Gesù fra i Santi Antonio e Giacomo, l’ambone marmoreo del vescovo Agnello (557 – 570 d.C.) decorato con figure animali.