Nascosta tra i palazzi di Via Barbieri, e anticipata da un piccolo giardino sul fronte, sorge la CHIESA DI SANTA EUFEMIA, un edificio modesto nelle forme che nasconde però tra le sue mura una storia ricca e affascinante.
Un po’ di storia
Secondo la tradizione, la chiesa originaria fu la prima in assoluta ad essere costruita a Ravenna e nell’intera Cispadania. Qui lo stesso Apollinare avrebbe originariamente amministrato i sacramenti e deposto le reliquie di Santa Eufemia di Calcedonia, trasferite da Aquileia.
Le fonti riportano almeno tre diversi edifici sacri sul suolo ravennate legati alla figura della Santa, rendono difatti difficile l’identificazione. A conferma della legenda ci sarebbe però un’iscrizione commemorativa databile al XVIII secolo presente sul pozzo della sagrestia che riporta: “Coepit hic Fides ravennatium” (ovvero “Qui cominciò la fede dei ravennati”).
L’edificio attuale fu costruito tra il 1742 e il 1747 in stile tardobarocco, su disegno dell’architetto riminese Giovanfrancesco Buonamici, andando a sovrapporsi a una precedente chiesa a tre navate di cui non si hanno dati certi riguardo la costruzione.
A lato della chiesa è anche presente un piccolo campanile, nel quale è collocata una delle più antiche campane della città, usata ininterrottamente dal 1358, anno della sua forgiatura.
Da ottobre 2002 la chiesa è la porta d’ingresso al sito archeologico della Domus dei Tappeti di Pietra, scoperta casualmente nel corso dei lavori per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo.
Gli interni
L’attuale chiesa a forma circolare presenta ben tre diversi altari, uno centrale e due laterali. Uno di questi ricopre il pozzo da cui, secondo la leggenda, Sant’Apollinare attingeva l’acqua per battezzare i primi cristiani di Ravenna.
Dietro l’altare maggiore balza agli occhi la bellissima pala del pittore Antonio Burrini, commissionata nel 1686 in occasione del rinvenimento delle reliquie di Santa Eufemia e di Sant’Agata. Il dipinto raffigura la morte della santa a cui è dedicata la chiesa e la sacrestia detta dei “Cento Preti” dal nome della congregazione che qui si riuniva.
Tele settecentesche di Andrea Barbiani e Giovanni Capaci ornano, invece, le cappelle laterali e la sagrestia. Il primo è autore del quadro Sant’Apollinare che battezza il tribuno, il secondo è l’autore dell’Annunciazione (1747) e del quadro la Visitazione.