Ravenna è certamente una delle città dell’Emilia-Romagna più ricche di storia industriale e testimonianze materiali legate al lavoro del passato.
Proprio lungo le banchine della Darsena di città si mostrano, come in un museo all’aperto, gli scheletri di questi avamposti della produttività industriale, logistica e commerciale che caratterizzarono la città nel secolo scorso.
Negli ultimi anni si sono susseguiti diversi interventi di trasformazione urbanistica e architettonica dell’area, dando vita a interessanti progetti di recupero culturale e artistico come il centro polivalente Almagià, ma anche progetti trasversali come il festival di street art Subsidenze.
Ciò nonostante il paesaggio urbano di questo quartiere continua a mantenere quell’allure di suggestiva decadenza, dato dalla presenza di diversi capannoni ed edifici storici dismessi di archeologia industriale.
La Darsena di Ravenna è oggi uno dei quartieri più vitali e innovativi della città, in bilico tra archeologia industriale, street art, passato e futuro.
Alla scoperta della Darsena
A piedi, in bicicletta, di corsa… oggi quest’area rappresenta uno straordinario paesaggio di transizione dove nuove architetture incontrano l’archeologia industriale e la street art.
L’itinerario lungo le sue banchine parte sicuramente dalla testata della Darsena, immediatamente alle spalle della stazione ferroviaria, dove Il Moro di Venezia si staglia sull’acqua, accanto a delle bellissime panchine in mosaico realizzate in occasione della Biennale del Mosaico 2015.
Da qui è possibile avere una visione totale del Canale Candiano fino al Ponte mobile, ideale boa di un canonico itinerario attorno all’invaso portuale.
Il percorso ad anello, con partenza e arrivo in testata, è poco più di 4 km e permette non solo un’esplorazione dell’architettura industriale dismessa, ma anche una scoperta delle tracce dell’evoluzione della storia industriale, economica e commerciale nel territorio.
Iniziamo il tour… Banchina destra
Ex Almagià
Le artificerie Almagià (Via dell’Almagià, 50) sono uno dei complessi più significativi della memoria storica del vecchio porto industriale di Ravenna.
Sorto nel 1887 come raffineria per la lavorazione dello zolfo, per iniziativa dell’imprenditore anconetano Vito Almagià, era capace di produrre annualmente ben 4.200 tonnellate di zolfo raffinato.
Nel 1980, all’insorgere della crisi del settore primario, la struttura fu riconvertita alla produzione di fitofarmaci e DDT, ma tale attività perdurò per soli due anni.
Gli elementi che tuttora caratterizzano il fabbricato sono l’ampia corte chiusa verso l’esterno, i due fabbricati a pianta basilicale interni a essa, l’alta ciminiera e il mattone a vista dei rivestimenti, tipico di questa zona della Darsena.
Dall’inizio degli anni 2000 il complesso è stato risanato. Oggi è sede di manifestazioni culturali e sportive, spettacoli, mostre e mercati.
Ex Molino Pineta
L’edificio dell’ex Molino Pineta (Via Zara, 42-48) fu costruito prima del 1947. Nel suo assetto originario prevedeva quattro corpi di fabbrica, con altezze e funzioni differenti, tra cui anche un silos.
Nel 1986 il complesso dismesse le sue attività, rimanendo inutilizzato fino agli anni ‘90 quando venne trasformato in un edificio residenziale con piano terra commerciale.
Nel 2003 è stato aggiunto un nuovo corpo di fabbrica affacciato sulla banchina di Via D’Alaggio, con finalità residenziali.
Le coperture a volta, l’importante corpo dei silos, il pregevole insieme architettonico dovuto all’armonia dei volumi e le cornici orizzontali, conferiscono al complesso la configurazione tipica dell’architettura industriale degli anni ’50 del Novecento.
Magazzino Ex Sir
Costruito nel 1956 su progetto dell’ingegnere ferrarese Elio Segala, l’ex Magazzino Sir (noto anche come Sigarone) si trova leggermente spostato all’interno del quartiere Darsena, a poca distanza della banchina portuale.
Per il suo impianto architetturale, riveste un elevato valore figurativo ed è considerato ancora oggi un capolavoro dell’archeologia industriale, tanto da essere posto sotto tutela da parte dello Stato.
L’edificio è composto da un unico corpo di fabbrica (175 x 30 mt), coperto da una caratteristica volta parabolica.
Adibito allo stoccaggio di concimi chimici per l’agricoltura, attorno a metà degli anni Ottanta fu dismesso, trasformandosi in una sorta di deposito di materiale edile.
Oggi si presenta in forte stato di abbandono e inglobato in una parte rinnovata del quartiere Darsena.
Ex Tiro a Segno
Verso la parte terminale della banchina destra del Canale Candiano si erge la Sede storica tiro a segno nazionale di Ravenna.
Il portone consente di accedere a un piazzale molto largo bordato a sud da un fabbricato porticato in cemento armato, costituito da una serie di pilastri con capitelli ornati e travi reticolari. Sulla sua sommità spicca al centro un’imponente scultura in pietra artificiale, vagamente Decò, raffigurante una grande aquila coronata ad ali dispiegate, appollaiata con sguardo truce e postura regale sul rotondo bersaglio. Sotto di essa la scritta in caratteri littorii «Tiro a segno nazionale».
Attraverso il fabbricato porticato si giunge al poligono vecchio e da questo, oltrepassato un alto muro rinforzato da speroni in cemento armato, a un grande spazio libero nei pressi del quale si trova l’attuale «Galleria di Tiro Belgio Mazzavillani».
Disseminati nella vegetazione spontanea, si ergono dei grossi setti da bersaglio in muratura sagomata.
Il tour continua… Banchina sinistra
Guardia di Finanza
L’edificio a quattro piani dalla forma compatta e dal caratteristico color rosso fu costruito prima della Seconda Guerra Mondiale.
I prospetti sono caratterizzati da aperture arcuate che sommate alle decorazioni dell’ultimo livello contribuiscono a conferire al manufatto un suo equilibrio complessivo e anche una certa eleganza.
Capitaneria di Porto
L’edificio dalla forma articolata, costruito prima della Seconda Guerra Mondiale, presenta tre livelli fuori terra. Risulta costituito da due corpi di fabbrica principali aventi copertura a padiglione con porzione a due livelli di collegamento.
Sul fonte banchina sono presenti, inoltre, due a corpi ad un piano. Tutti i prospetti sono caratterizzati da mattone a faccia a vista che ha la funzione di dare un’immagine unitaria all’articolazione volumetrica.
Collocato in posizione strategica in quanto a ridosso della testata Darsena in sinistra canale, è stato fino a qualche anno la sede della Capitaneria di Porto. Oggi è utilizzato come alloggio per il personale essendosi trasferita la Capitaneria di Porto a Porto Corsini. Insieme a quello della Guarda di Finanza, contribuisce a costituire quasi un unico organismo.
Ex Mosa (Mangimificio Martini)
Riscoperto recentemente dai cittadini per il murales di Ericailcane che ricopre gran parte del fronte verticale su Via Salona, l’ex Mosa (più comunemente noto come mangimificio Martini) è uno degli edifici iconici della Darsena di città.
L’area inizialmente ospitava il molino “Spagnoli, Padovani e C.” (1912) che a sua volta andava a ricalcare un’appendice distaccata della Fonderia Rosetti Menotti databile al 1907.
Distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, il fabbricato fu ricostruito nei primi anni ’50 in funzione di mulino per volontà della Società Padana di Macinazione. Così rimase fino ai primi anno ’80 quando fu acquisito dalla Mosa Spa, e subito dopo dal gruppo agroalimentare Martini, che lo trasformò in mangimificio fino alla dismissione nel 2009.
L’edificio, pur mantenendosi all’interno della volumetria definita dall’originale fabbricato, presenta fronti semplificati caratterizzati dalla interazione di finestre quadrate e da un omogeneo rivestimento ad intonaco che ricorda vagamente le caratteristiche tipologiche di un edificio in linea. Internamente, si segnalano le scale che si librano all’interno degli ampi saloni dei cinque piani fuori terra.
Fiorentina 1
L’area occupata dalla Fiorentina 1 ha sempre ospitato attività produttive legate alla lavorazione dei prodotti chimici. Già nel 1905 sorgeva la Fabbrica dei Concimi Chimici, che nel 1912 passò sotto la direzione della Società Unione italiana Concimi e Prodotti Chimici. Fece poi la sua comparsa la più famosa Montecatini (1925), trasformata poi in Montedison (1966). Dal 1975 lo stabilimento è di proprietà della Fiorentina srl.
Inizialmente il magazzino si sviluppava lungo il Candiano con due corpi affiancati a sviluppo curvilineo, lucernaio a due falde rialzato sulla linea di colmo. In seguito alla Guerra e all’allargamento delle banchine, il fabbricato fu oggetto di molteplici ricostruzioni che ne modificarono la struttura rispetto a come oggi la conosciamo.
La bella struttura, totalmente in legno, riale agli anni ’30. Sorprende per il bell’impianto basilicale a tre navate, che le dona un raro fascino, tipico di tante parte di quelle architetture a fachwerk caratterizzanti il Nord Europa.
Fiorentina 2
La Fiorentina 2 risale all’anno 1924. Il progetto iniziale prevede un magazzino costituito da quattro campate lignee, mentre alcune planimetrie storiche degli anni dal 1934 al 1939 segnalano la presenza dello stesso edificio, ma con una superficie molto più estesa rispetto a quella del 1924.
La struttura attuale del fabbricato, diversamente delle quattro campate presenti nel 1924, mostra un unico telaio in legno, replicato per diciannove volte. Questa struttura con molta probabilità è stata ricostruita nel dopoguerra all’interno del sedime originale ma con forma modificata per migliorie funzionali.
Il magazzino, essendo costituito da una struttura completamente in legno, rappresenta un esempio estremamente suggestivo e raro di archeologia industriale, tanto da essere soggetto anch’esso a tutela da parte dello Stato.
Consorzio Agrario
Il Consorzio Agrario fu realizzato nel 1925 dalla società Silos Granari. Il corpo principale del Magazzino 1, utilizzato come deposito sfuso di cereali e modificato nel tempo per facilitare la movimentazione, fu una delle prime costruzioni. Il complesso comprende anche una palazzina a due piani, originaria abitazione del Direttore.
Al suo fianco sorge il Magazzino 2, realizzato nel 1933. Composto da quattro corpi di fabbrica, era collegato internamente al magazzino 1 e tramite nastri trasportatori al canale. Sul fronte è ancora leggibile la traccia di un fascio littorio, probabilmente un rilievo in gesso.