Nel 1996, in occasione del centenario della nascita del grande poeta Eugenio Montale, sei illustri artisti internazionali (Giosetta Fioroni, Concetto Pozzati, Bruno Ceccobelli, Ruggero Savinio, Emilio Tadini e Kalus Karl Mehrkens) furono invitati a ideare i cartoni di alcuni mosaici che sarebbero serviti a decorare la nuova Piazza Dora Markus di Marina di Ravenna, la cui intitolazione è un chiaro richiamo alla memoria di Dora Markus (vedi focus), il celebre componimento della narrazione montaniana.
Il monumento, realizzato nel corso dell’anno successivo da dodici giovani mosaicisti formatisi nelle scuole ravennati, è composto da pannelli figurativi in cui il tema ricorrente è il mare e da pannelli più astratti, con un rimando simbolico alla lirica di Montale.
Lo spazio, studiato dall’architetto Andrea Giacometti, è suddiviso in due parti: da un lato, su un pavimento di granito, troviamo alcuni giochi di strada, come i 4 cantoni e una scacchiera; sul lato opposto, invece, incastonati su una quinta in porfido, sono esposti i sei mosaici che hanno immortalato nelle immagini i versi montaniani.
Attraverso il ritratto che il poeta fa della donna a cui è intitolata la sua opera, si avverte – per immagini – tutto il fascino che Ravenna, e in particolare la zona del porto, ha da sempre esercitato su poeti e viaggiatori.
Il componimento, inserito nella prima sezione de Le Occasioni, nasce dall’unione di due parti distinte, scritte a molti anni di distanza l’una dall’altra.
La prima parte risale infatti al 1928 (o al 1926), mentre la seconda è del 1939, nell’imminenza dello scoppio del Secondo Conflitto Mondiale e della persecuzione nazista.
Il componimento si apre con la vista di Porto Corsini, dove Montale immagina di essere stato in compagnia dell’affascinante Dora, e così descrive i luoghi:
“Fu dove il ponte di legno / mette a Porto Corsini sul mare alto / e rari uomini,
quasi immoti, affondano / o salpano le reti.[…]
E qui dove un’antica vita / si screzia in una dolce / ansietà d’Oriente, / le tue
parole iridavano come le scaglie / della triglia moribonda”.