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Le dighe foranee

Le due DIGHE FORANEE di Porto CorsiniMarina di Ravenna sono due lunghi moli che si proiettano nel cuore dell’Adriatico e proteggono l’imboccatura del Canale Candiano dalle maree e dall’insabbiamento.

Il Canale Corsini di Ravenna, conosciuto appunto come “Candiano“, venne costruito a metà del Settecento per collegare la città al mare, distante circa 8 km. Dopo vari ampliamenti e modifiche, nel Novecento divenne un porto-canale commerciale e industriale, uno dei più importanti d’Italia e del Mediterraneo.

LA COSTRUZIONE DELLE DIGHE

Per sostenere le ambizioni di sviluppo dell’area portuale di tutta la città, nel secondo dopoguerra si rese necessaria la costruzione di due grandi barriere che, sull’esempio di altri porti similari come quello di Ijmuiden in Olanda, potessero proteggere l’imboccatura del canale da maree e insabbiamento.

Grazie al lavoro di politici locali, come Benigno Zaccagnini, anche l’ENI di Enrico Matteo scelse Ravenna come sede del futuro polo chimico. Alla fine degli anni Cinquanta iniziarono quindi i lavori di ampliamento del canale, di escavazione dei fondali e soprattutto di costruzione delle due lunghe dighe foranee.

Il 4 agosto del 1958 fu posata la prima pietra, alla presenza dell’allora sindaco Celso Cicognani, dell’ingegnere progettista Luigi Greco (anche presidente di SAPIR, l’azienda partecipata incaricata di sovraintendere allo sviluppo del porto), dello stesso Benigno Zaccagnini e di Luciano Cavalcoli, allora presidente della Camera di Commercio.

Ravenna, Diga foranea di Marina di Ravenna, padellone

I lavori durarono circa tre anni, e portarono alla realizzazione di quelle che sono – ancora oggi – le dighe foranee più lunghe d’Europa.

La diga nord, che si trova nell’abitato di Porto Corsini, è lunga 2250 metri e porta il nome di Luciano Cavalcoli; la diga sud è situata al limitare di Marina di Ravenna, è lunga 2450 metri ed è dedicata a Benigno Zaccagnini.

Con i loro tradizionali “padelloni”, le dighe foranee sono diventate meta prediletta di cittadini e visitatori per splendide passeggiate in mezzo al mare, in ogni stagione dell’anno.

FOCUS

I tradizionali capanni da pesca

Un piccolo capanno da pesca al pelo dell’acqua salmastra. Una rete quadrata “a bilancia” da sollevare al ritmo del pesce ago o del ghiozzetto. Un modo per stare in solitudine, in mezzo alla natura, oppure un luogo perfetto per un ritrovo conviviale. Sono questi i “padelloni” o “bilancioni”, che a centinaia puntellano la campagna ravennate, tra pialasse, fiumi, canali e moli.

Costruiti in queste zone costiere e lagunari fin da tempi antichissimi, oggi sono contingentati e rigorosamente regolamentati. Orgoglio dei proprietari, spesso associati in consorzio, e sogno proibito di chi ancora non lo possiede, possono essere lussuosi (e arrivare a costare come un appartamento in città!) oppure rustici e spartani, a volte raggiungibili soltanto con la “batana”, la tipica imbarcazione a fondo piatto, la torpedine delle valli.

In parte rimossi a seguito delle molte opere di bonifica del territorio, sono puntualmente risorti e fanno oramai parte del paesaggio, quasi si fondono con esso e sono diventati un simbolo identitario, da custodire e salvaguardare.

A cura della Redazione Locale
Email: turismo@comune.ravenna.it

Ultima modifica: 24 Aprile 2024

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