A metà strada di Via di Roma, poco lontano dal MAR – Museo d’arte della città di Ravenna, si erge suggestivo il campanile di una delle chiese antiche più antiche della città, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1996.
È la BASILICA DI SANT’APOLLINARE NUOVO – da non confondere con quella di Sant’Apollinare in Classe subito fuori dalla città – realizzata tra la fine del V e l’inizio del VI secolo d.C. dal sovrano goto Teoderico (493-526) accanto al suo palazzo, come cappella palatina legata al culto ariano.
“Re Teoderico fece innalzare dalle fondamenta questa chiesa in nome di Gesù Cristo, nostro Signore”
Così recita l’iscrizione riportata da Andrea Agnello nel suo Liber Pontificalis, il libro dedicato alla storia della chiesa ravennate (IX secolo d.C.), che secondo lo storico doveva posizionarsi originariamente nell’area dell’abside.
Due passi nella storia
Inizialmente dedicata al Salvatore e dedita al culto ariano, a seguito della conquista bizantina della città, la basilica fu consacrata al culto ortodosso (metà del VI secolo d.C.) e intitolata a San Martino, vescovo di Tours, che si era distinto nella lotta agli eretici.
Secondo la tradizione, nel IX secolo d.C. le reliquie di Sant’Apollinare furono qui traslate dalla Basilica di Classe, e proprio in quell’occasione l’edificio ricevette la sua intitolazione a Sant’Apollinare, detta “Nuovo”.
Architettura e mosaici
Vista dall’esterno la basilica appare architettonicamente molto semplice. La facciata timpanata, realizzata in mattoni, è inquadrata da due lesene e una bifora, sormontata a sua volta da due piccole finestre.
In origine, sembra fosse racchiusa da un quadriportico, ma attualmente è preceduta da un semplice e armonioso portico di marmo databile al XVI secolo. Sul lato destro il bel campanile cilindrico, caratteristico delle costruzioni ravennati, risale al IX o X secolo.
All’interno si ritrova uno dei cicli in mosaico d’età paleocristiana e tardoantica più famosi al mondo. Una straordinaria decorazione in mosaici percorre tutta la navata centrale.
Un capolavoro di immenso valore che, dal punto vista stilistico, iconografico e ideologico, consente di seguire l’evoluzione del mosaico bizantino dal periodo teodericiano fino a quello bizantino.
Le 26 scene cristologiche, risalenti appunto al periodo di Teoderico, rappresentano infatti il più grande ciclo monumentale del Nuovo Testamento e, fra quelli realizzati a mosaico, il più antico giunto fino a noi.